Novelle per un anno by Luigi Pirandello

Novelle per un anno by Luigi Pirandello

autore:Luigi Pirandello
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: oooo
pubblicato: 2014-11-01T23:00:00+00:00


NEL DUBBIO

Nella sala terrena del grazioso villino in cima al poggio, gaja di luce e del tenero verde dei bambú sorgenti da un antico sarcofago, gaja dello sprillo d'una fontanella di marmo, la vecchia minuscola marchesa donna Angeletta Dinelli, seduta presso una piccola lucida scrivania di ghisa nichelata, sonò per la terza volta il campanello, tenendo tuttavia sul naso gli occhiali e in mano la lettera della figliuola, che scriveva da Roma.

La testolina incuffiata della marchesa tremolava quella mattina più del solito con tutti i riccioli argentei che le pendevano intorno alla fronte, e anche le piccole mani deformate miseramente dall'artritide e riparate da mezzi guanti di lana.

- Ma il commendatore? - domandò con vocetta agra di stizza alla cameriera che si presentò su la soglia.

- Avvertito, signora marchesa. Finiva di vestirsi. Ha detto che sarebbe venuto giù subito.

- Subito? Come i vecchi, doveva dire.

- Se crede…

- No, lascia, verrà.

E donna Angeletta tornò a rileggere per la quarta volta la lettera, mentre una voce cornea dietro la tenda della finestra ripeteva:

- Verrà… Federico, Federico… Povero Cocò… verrà… Com-men-da-to-re…

La stupidissima bestia sul trespolo pareva volesse canzonare la marchesa, imitandone i tre toni di voce, con cui ella soleva chiamare il commendator Morozzi: quello frettoloso, confidenziale (Federico, Federico), quello di commiserazione un po' derisoria (Povero Cocò) e l'ultimo, grave, e per così dire, di parata (Com-men-da-to-re).

Pareva; perché il pappagallo poi aveva questo di buono, che non capiva nulla; e non si sognava dunque neppure di canzonar la padrona. Che sugo, del resto, ci sarebbe stato, anche per un pappagallo, a canzonare una vecchina già presso ai sessant'anni, che se un tempo aveva dato pretesto a ciarle non al tutto maligne in società, da tanti anni ormai viveva ritirata e tranquilla come una tartarughina in quella sua amena e solitaria villetta umbra?

Veramente donna Angeletta Dinelli, da tanto tempo vedova, avrebbe potuto sposare il commendator Federico Morozzi. Non l'aveva fatto, perché in realtà viveva con lui senza troppo scandalo quasi maritalmente anche quando era in vita il marchese, il quale, dopo la nascita dell'unica figliuola, se n'era scappato a prender aria a Parigi: tant'aria che n'era scoppiato quattr'anni dopo; e non ci sarebbe stato niente, proprio niente di male, se in questi quattr'anni non avesse dato fondo alle sue rendite e a buona parte di quelle di lei.

Donna Angeletta era come una bambola, allora: e se non avesse avuto accanto il Morozzi, senza dubbio si sarebbe ridotta all'elemosina, con la figliuola. L'affetto, lo zelo, la protezione del commendatore per la minuscola marchesa erano stati molto apprezzati in Roma; e quasi quasi, era sembrato non solamente scusabile, ma logico e inevitabile che qualcuno lì, in quella casa, si fosse messo a far da uomo sul serio, perché tanto lei, la marchesa, quanto lui, il marchesino, nel presentarsi la prima volta in società, avevano fatto la figura d'una coppia di ragazzetti parati per ischerzo a far da sposini, per una graziosa mascherata carnevalesca.

Senza l'intervento del commendatore, uomo serio, chi sa come sarebbero andati a finire quei



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